Una storia chiamata "Furia" (prima parte)
Il 12 gennaio 2024 è una data che mi conviene segnare sul calendario.
Esce il mio nuovo libro.
Si chiama Furia.
E pensavo al fatto che questo numero, il 12, non è poi così casuale.
Quando giocavo a basket gli avversari mi chiamavano così: “Dodici, attento a te”. Pure gli allenatori mi chiamavano così: “marcate il Dodici”. Anche gli arbitri: “Dodici, smettila di protestare” (frase che timbrava ogni partita).
A me, questa cosa di non essere Andrea per quattro tempi, non mi dava mica fastidio. In quel periodo l'idea di nascondermi mi attirava parecchio, infatti i capelli crescevano selvaggi fino a coprire gli occhi e quando andavo in panchina mi coprivo la testa con l’asciugamano perché non volevo vedere nessuno.
Sia chiaro. Quel numero non l’avevo mica scelto a caso. Era lo stesso che aveva Gianmarco Pozzecco in nazionale alle Olimpiadi di Atene del 2004. Se mi chiamavano Dodici, la colpa è sua.
Anche in Furia c’è un ragazzo con il numero 12 sulle spalle.
Ma quello non sono io.
Lui si chiama Teo.
A essere precisi si chiama Teodoro, perché la storia che ho scritto è ambientata a Brindisi e a Brindisi non è così raro chiamarsi in questo modo.
Teo, però, Gianmarco Pozzecco non l’ha mai conosciuto e quando c’è stato da decidere il numero di maglia per la nuova stagione lui s’è preso il Dodici solo perché era una delle casacche con la taglia più piccola. E poi c’è il fatto che la storia che ho scritto è ambientata nel 1981. Pozzecco aveva 9 anni in quel periodo.
Anche a Teo è successo di essere chiamato Dodici dagli avversari, dagli allenatori, dagli arbitri. I compagni di squadra, però, usavano un altro nome per lui.
Furia. Come il fratello di Teo e anche come il padre di Teo.
È il loro cognome.
È il titolo di questa storia.
Che esce il 12 gennaio 2024 e, intanto che arriva quel giorno, due tre cose su questo nuovo romanzo quasi quasi le scrivo qui.