Il 25 aprile è il giorno più bello per nascere? Forse sì.
Nei primi anni di carriera, cioè quando gravitavo in zona Elementari-Medie da alunno, il privilegio del mio compleanno stava tutto nel vedere quel giorno rosso, sempre rosso in calendario, che voleva dire scuola chiusa.
Non solo: in quel posto di confine chiamato Cellino San Marco, da dove è iniziato tutto questo discorso, il 25 aprile è pure festa patronale, quindi alla chiusura della scuola si univa pure un paese che dalla mattina alla sera diventava, almeno per un giorno, più vivace del solito.
“Come fai a chiamarti Andrea se sei nato il giorno di San Marco e abiti a Cellino?”.
È la domanda più frequente che ho ricevuto, forse seconda solo a “Prof, posso andare in bagno?”, che negli ultimi anni sta scalando posizioni su posizioni.
Il fatto è che io non sono nato il giorno di San Marco.
Io sono nato il giorno della Liberazione, che è un’altra cosa.
Alle nonne, fortemente legate alla questione dei santi, è sempre stato riferito che Marco è il mio secondo nome, gentile concessione all’ala cattolica familiare, ma niente di tutto questo è mai comparso nei miei documenti.
Il 25 aprile del 1990 era di mercoledì.
Il 25 aprile del 1945 era di mercoledì.
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Le mie storie, qualche riga su i film di oggi e di ieri, e piccoli appunti sparsi su quello che faccio. Ogni tanto te lo dico per email.
Il problema è che a confondermi c’ha pensato il mio paese facendo convergere festa nazionale e festa patronale nello stesso momento. Quindi, per capire meglio il significato di questo giorno, ho dovuto lasciare i miei confini urbani e mettermi in viaggio per vedere come funziona il 25 aprile.
Napoli, Firenze, Siena, Milano, Modena.
I luoghi in cui sono stato durante gli ultimi miei compleanni cominciano a diventare tanti e con loro aumenta di anno in anno il volume delle polemiche attorno a questo giorno. Pare sia “divisivo”, molti desiderano saltarlo e passare direttamente dal 24 al 26 o addirittura trasformarlo in calendario da giorno rosso a giorno nero.
L’Andrea scolaro, sempre quello del periodo Elementari-Medie, penserebbe che tanto a Cellino San Marco questo rischio non ci sarà mai. A meno che qualcuno non si prenda la responsabilità di spodestare San Marco e il suo leone dal 25 aprile, quel giorno per il paese sarà sempre rosso.
Ma l’Andrea professore, ultima versione di quattro o cinque vite già vissute, non abita più lì e guarda proprio ai suoi studenti. E dice in classe, ogni volta che capita l’occasione utile, sempre la stessa cosa:
“Ragazzi, per esempio io durante il fascismo non avrei potuto insegnare.”
“E perché?”
”Avrei dovuto prendere una tessera e rinunciare alle mie idee.”
Poi, dopo che l’ho detto, sto subito attento a come reagiscono: diventano grigi, spengono quell’attimo vivace che aveva accompagnato il loro perché.
Insomma la questione è più o meno questa: da quando il mio amore si è spostato da quel santo patrono che non ci faceva andare a scuola a quel gruppo di ragazzi che ottant’anni fa, fucile in spalla, si prendevano dei rischi enormi per permettermi oggi di fare un lavoro molto bello, il 25 aprile, per me, non è solo il giorno in cui si fa festa per una candelina in più.
È una tonnellata di grazie ai tanti auguri che ancora sto ricevendo, adesso che il calendario si è spostato al 26.
È una delle pagine di storia che mi fa tremare.
È un vento che ride gentile.
Auguri Prof!