Nardò Intercity: Festival (ep. 10)
VERONA - TORINO. Da assente giustificato eccomi qui a parlare di una domenica furiosa. Verona è una delle mie trasferte preferite: poca strada da fare, un giro in città prima o dopo la partita, un palazzetto pieno di bellissimi ricordi.
Ero pronto per timbrare la mia presenza anche quest’anno, ma quando ho visto che il match era fissato per il 10 novembre ho subito pensato che quella casella del calendario era già occupata per un impegno del mio libro.
Non una presentazione, quelle di solito riesco a spostarle quando posso. Ma la serata finale del Festival Dora Nera di Torino, con il mio Furia candidato nella categoria “Miglior noir edito del 2024”.
Altro che sciarpa granata e birra pre-gara.
Si va di giacca buona e calice di Barbera in mano.
Tuttavia, conoscendo i miei doveri di scrittore e tifoso, non posso certo esimermi dal raccontare la decima tappa di questa stagione.
Quindi andiamo.
(Segui il gioco)
Le mie storie, qualche riga su i film di oggi e di ieri, e piccoli appunti sparsi su quello che faccio. Ogni tanto te lo dico per email.
Partita e premiazione sono cominciate insieme. L’assenza di connessione della sala principale e l’emozione che sentivo mi hanno subito spinto a rimandare ogni valutazione sul Nardò al giorno dopo, quando, a mente fredda e risultato già in referto, avrei visto la differita della partita.
Ricordo poche cose: ho vinto il premio, l’ho dedicato a mio fratello, mi sono commosso sul palco, c’è stata un’intervista stupenda, ho fatto un sacco di foto, ricevuto un’ondata d’affetto incredibile. Un sogno. A un certo punto ho visto l’orario, le 19.20, e mi sono guardato intorno per capire se potevo uscire e collegarmi alla rete. Ho bisbigliato a Miriam “non riesco a capire quanto sta il Nardò” mentre c’era la fila di gente attorno a me che voleva una mia firma sul libro o semplicemente farmi i complimenti. È bastato il suo sguardo per rendermi conto che non era affatto normale pensare al Nardò in un momento simile.
Soltanto dopo qualche ora ho ripreso il telefono e, freddo come una sentenza, ho visto il risultato. Una sconfitta prevedibile e tutto sommato nei limiti: uscire con 10 punti di scarto da un campo come quello di Verona non è il massimo, ma ci può stare.
Poi ho visto la partita e la mia idea è un po’ cambiata, spostandosi più nel contenitore delle partite completamente sbagliate che non finiscono malissimo solo perché l’avversario a un certo punto vede il traguardo e molla il pedale dell’acceleratore.
Questa doppia trasferta padana sulla tratta Piacenza - Verona è stata indigesta, non c’è altro da dire. Di sicuro ha rimesso un paio di questioni sul tavolo: fare punti in casa sarà fondamentale e, forse, servirà un cambio in più proprio per gestire tutte queste partite così ravvicinate. Non so se è un caso perdere 3 volte su 3 (sempre in trasferta, con la squadra visibilmente scarica) quando si gioca di mercoledì. Ai ragazzi il compito di smentire questo dato tra un paio di giorni, in casa contro (guarda un po’) Torino.
Inutile dire altro.
La domenica di sport non sorride, ma per chi viaggia su questo Intercity di parole tutto il resto è gioia.
Quindi bisognava scrivere anche di oggi, perché il bello di raccontare una stagione in corso è che non c’è sceneggiatura. Si va a braccio, decide la vita.
Verona - Nardò 86 - 76
(10 novembre 2024)